Città d’arte dalla storia millenaria, capitale dal fascino antico, meta romantica dalle atmosfere lontane, luogo misterioso avvolto in brume di leggenda e magia, set di film ambientati nel passato… Praga è notoriamente tutto questo. Lo dicono i libri, lo gridano gli spot pubblicitari, lo evocano cartoline suggestive, lo suggeriscono pellicole di successo, lo conferma chi ci è stato e ne è rimasto rapito. Ma esiste un altro volto della capitale ceca, appena sussurrato ma non meno affascinante.
Una volta giunti nella cara ”vecchia” Praga, a bordo di uno dei tanti voli low cost disponibili, in treno o in auto, potrete iniziare ad esplorare l’altra faccia della città.
La “nuova” Praga non rientra nei circuiti turistici classici, non ammicca dai cataloghi dei tour operator e si accontenta discreta dei capitoli di coda nelle guide, eppure val bene un viaggio per scoprirla. Dal liberty al cubismo, dal funzionalismo all’architettura contemporanea, il patrimonio moderno e quello meno-antico della capitale confermano che il fascino di questa perla, riflessa nelle acque della Moldava con le sue infinite sfumature, è davvero senza età…
Nelle architetture moderniste di Praga si incarna quello che in realtà è un fenomeno nazionale, e a tratti nazionalista. Come un grande libro di storia sotto il cielo, ricco di capitoli come pochi altri in Europa, la Repubblica Ceca ha immortalato nelle sue “pagine” vicende, pensieri, mode e stili di ogni epoca, dai tempi antichi a quelli moderni. E se nei primi capitoli condivide e intreccia con altri territori esperienze e testimonianze, è sfogliando le pagine più recenti che si assiste all’affermarsi di un’identità ceca, che prende forme ed espressioni altrove sconosciute.
Nuove idee, nuove tecniche, nuovi materiali per citta’ nuove
In Repubblica Ceca un patrimonio architettonico straordinariamente vasto e variegato, nel XX secolo si fa addirittura unico. Ecco allora che a Praga, accanto ad antiche vestigia, monumenti del passato ed edifici nostalgici, troviamo anche un inno di mattoni e cemento al nazionalismo, alla nuova Repubblica, alla libertà, a un nuovo corso della storia insomma. E’ il boom delle avanguardie: cubismo e funzionalismo. Da Jan Kotera e Josef Gocar in poi, i grandi architetti cechi, ridisegnano letteralmente il volto della capitale e del Paese, sottolineandone modernità, rinascita, progressismo, operosità, sobrietà e ottimismo.
Tra il XIX e il XX secolo il concetto di architettura viene stravolto dal progresso. Con l’avvento dell’industria e con i grandi cambiamenti politici e sociali, non si tratta più “semplicemente” di costruire edifici e opere pubbliche. I nuovi architetti si trovano a disporre di nuovi mezzi, tecnologie e materiali –come il cemento armato- ma anche a rispondere a nuove esigenze. I progetti devono essere funzionali e innovativi, ma devono anche tener conto di nuovi standard estetici. Inizia così l’architettura moderna, espressione della vita sociale e lavorativa dell’epoca, che nell’allora Cecoslovacchia ebbe modo di esprimersi al meglio e di raggiungere livelli internazionali. Ispirati agli studi urbanistici di Le Corbusier, nascono quartieri e persino città nuovi, modernissimi.
Il cubismo ceco, oltre gli insegnamenti francesi
Jan Kotera, influenzato dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, si dedicò a un nuovo concetto di architettura che da un lato ottimizzava la funzione dell’edificio e dall’altro ne esaltava l’estetica. Gli edifici firmati da Kotera, considerato il fondatore del modernismo in Cechia, sono asimmetrici ma equilibrati, ricchi nelle forme ma semplici negli spazi, funzionali ma artistici. A Praga sono opera di Kotera numerose ville private, a partire dalla propria, Palazzo Lucerna, la facoltà di legge dell’Università Carlo e alcune tombe-monumento nel cimitero ebraico di Praga.
Josef Gocar, padre del Cubismo ceco, fonda un vero e proprio movimento artistico, con tanto di programma. Quello cubista è uno stile rivoluzionario, partito nella pittura dagli insegnamenti dei francesi Picasso, Braque e Derain che stravolgono il modo di rappresentare il mondo. L’idea è di superare il tradizionale concetto di prospettiva, presentando l’oggetto da più punti di vista. Dopo Parigi, Praga ne diviene la seconda capitale e trasla gli insegnamenti cubisti in architettura. Gli edifici adottano così facciate spezzate con forme geometriche astratte, senza però mai dimenticare l’ambiente e il contesto in cui sorgono. Secondo i cubisti, il cubo è la figura che sta alla base di ogni altra. Ecco allora che nelle architetture ceche esordiscono cubi, esagoni, incastri geometrici e figure dodecaedriche. E’ di Gocar l’edificio-simbolo del Cubismo ceco -la Casa della Madonna Nera di Praga, che con le sue linee pulite e geometriche contrasta la facciata barocca e che ospita il Museo del Cubismo Ceco (www.ngprague.cz), con tanto di Caffè cubista. Sua anche la chiesa di San Venceslao Vrsovice.
Nella capitale, cuore del modernismo in tutte le arti, portano invece la firma di Josef Chochol -insieme a Gocar massimo esponente dell’architettura cubista praghese- l’elegante Villa Libusina modellata in puro stile cubista con la sua facciata di geometrie e simmetrie e le cosiddette Tre Case Cubiste (un tripla villa familiare) di Rasinovo nabrezi. A Chocol si devono anche altre ville e palazzi a Vysehrad. Tra le altre opere singolari della Praga cubista, segnaliamo quelle di Emil Kralicek e Matej Blecha, come il Lampione di Jungmannovo namesti nascosto dietro il palazzo funzionalista di Bat’a e Casa Diamant, considerata un insolito e raro esempio di “elettro-cubismo” per i neon e le insegne luminose al pianterreno.
Dal rondocubismo al funzionalismo
Dal cubismo nasce anche il rondocubismo. La parola suggerisce forme più morbide e infatti gli spigoli e le linee geometriche –come dimostra Palazzo Adria (1925) a Praga, opera di Pavel Janak e Josef Zasche e massima espressione della nuova tendenza architettonica- vengono arrotondati. In realtà dietro al rondocubismo si nasconde molto di più: un fiero senso nazionalista, ritrovato con l’indipendenza dopo la Guerra. Nell’architettura si decide di infondere valori tipici della cultura slava. Nel nuovo stile “patriottico” prevalgono la creatività popolare, i colori nazionali (bianco e rosso) e dettagli decorativi a forma circolare e semicircolare. Questi ultimi sono addirittura ridondanti nella facciata dell’ex Banca delle Legioni (1932), altro raro esempio di rondocubismo. Questo stile avrà vita breve, presto condannato dalla generazione successiva, che lo giudica superficiale e inutilmente nazionalista, e promuove invece una nuova architettura che sfrutti le potenzialità dei materiali moderni –acciaio, vetro e cemento- e che degli edifici esalti la funzionalità. Nasce così il funzionalismo, che tra le due guerre, in una Cecoslovacchia prospera e progressista rispetto ai suoi vicini, trova le condizioni ideali per affermarsi. A fargli da apripista è l’architetto austriaco di origini morave Adolf Loos (1870-1933), attivo in Boemia e Moravia secondo il motto “ogni ornamento è un crimine” e con un preciso obiettivo: realizzare edifici razionali che ben si prestino alla funzione sociale cui sono destinati. Da qui il nome di funzionalismo, appunto. Il nuovo movimento rivoluzionerà tutta l’edilizia abitativa e sociale di Praga e di Cechia. Sono di Loos la villa modernista per la famiglia Müller nella periferia di Praga, inizialmente contestata ma poi fonte d’ispirazione per le ville del quartiere-giardino attorno agli studi cinematografici di Barrandov, sopra la Moldava.
I capolavori del funzionalismo a Praga sono però il Palazzo delle Esposizioni (1928), a firma di Josef Fuchs e Oldrich Tyl, che attirò l’attenzione anche di Le Corbusier con il suo interno dalle linee pure e i volumi perfetti; il centro commerciale Bat’a inaugurato nel 1929 in piazza Venceslao; i palazzi rivestiti di ceramica (per contrastare i vapori provenienti dalla Stazione Centrale) dell’Istituto pensionistico in piazza Winston Churchill, nel quartiere Zizkov; numerosi palazzi per uffici ed edifici commerciali dalle strutture in cemento armato e dalle caratteristiche bande orizzontali di finestre e la colonia Baba, tipico esempio di quartiere funzionalista dalle abitazioni-scatola, con finestre a fascia continua, ampi balconi e interni destrutturati. Tra gli architetti funzionalisti cechi ritroviamo ancora Josef Gocar e tra i promotori del funzionalismo l’illuminato Bat’a.
Viaggio senza sosta verso il domani
La Praga che rompe con il passato, non lo rinnega ma nemmeno lo rimpiange nel suo slancio verso il futuro, dopo le ultime declinazioni del funzionalismo si affaccia alla seconda metà del XX secolo con nuove architetture, sempre avveniristiche. Edifici moderni che nella ricerca di linee pulite e nell’abolizione del superfluo e del decoro si fanno austeri, solenni, indipendentemente dalla loro funzione. E’ il realismo socialista dell’Hotel Crowne Plaza, che richiama i grattacieli moscoviti degli anni Trenta e Cinquanta, del Planetario dalle forme classiciste ed essenziali, dell’Hotel Jalta realizzato dall’architetto funzionalista Tenzer adattatosi alla dottrina politica del momento e di molti altri monumenti improntati al regime. E’ poi il turno dello stile internazionale e del tardo-modernismo che regalano a Praga, e al mondo intero, numerosi esemplari di architettura moderna che si attiene rigorosamente alle geometrie e alle proporzioni ma arriva comunque a concedersi qualche “colpo di testa” e a rompere gli schemi, come nell’edificio Nationale-Nederlande, meglio noto come “la Casa Danzante”. La sua inconfondibile facciata perde rigidità e sembra mossa da un fremito, tanto che qualcuno in questa plasticità vede il ballo di Ginger e Fred. L’edificio, sovrastato da una cupola trasparente in filo metallico, ricorda certa architettura viennese e, accanto a quella degli architetti locali, porta la firma illustre dell’americano Frank O. Ghery.