Il Carnevale di Sauris si svolge da secoli secondo i medesimi rituali ed ha il suo clou sabato 14 febbraio. Protagonisti della festa sono il “Rölar” e il “Kheirar”. Il Rölar è una figura magica e demoniaca armata di una scopa che avverte la gente che si prepari per la mascherata. Trascorrere quest’anno il San Valentino a Sauris ha anche un’ulteriore attrattiva: la concomitanza con il Carnevale, uno dei più antichi e tradizionali dell’arco alpino. In quei giorni il paese – con il suo paesaggio da fiaba – si vestirà a festa per celebrare, seguendo antichissimi rituali, la sua ricorrenza più sentita.
Anche quest’anno nel borgo di Sauris (UD), piccolo paesino della montagna carnica, si riproporranno gli antichissimi riti del Carnevale Saurano, attentamente conservati e tramandati negli anni per culminare nella famosa “notte delle lanterne”. Partecipando al curioso Carnevale di Sauris, si farà la conoscenza di due personaggi particolari: il Rolar e il Kheirar che chiamano la gente a raccolta e danno il via alla sfilata del martedì grasso. Il rito si conclude con il Kheirar che spazza i pavimenti a simboleggiare il desiderio di scacciar via l’inverno e propiziarsi l’arrivo della buona stagione.
Il sabato antecedente martedì grasso il magico silenzio che domina questa parte delle Alpi friulane, viene rotto da un urlo. “ANDIAMO!!!” ripetuto più volte dal Rolar, uno dei protagonisti di questo singolare carnevale. Con il viso nero di fuliggine, tanti campanacci legati alla vita e una scopa in mano, il Rolar percorre rumorosamente le vie del borgo bussando nelle porte delle abitazioni per “annunciare” ai cittadini ed ai turisti l’inizio ufficiale del Carnevale Saurano.
Il suo compito è quello di radunare tutti coloro che prenderanno parte al corteo; questo è diviso in due gruppi, le Maschere Belle, con vezzosi abiti locali e le Maschere Brutte, con abiti consumati e usurati, ma tutti resi rigorosamente irriconoscibili da grandi maschere di legno che ne ricoprono il volto.
Una volta composto il corteo entra in scena il re del Carnevale, il Khreirar, che vestito di stracci e armato di scopa ha il compito di guidare il corteo e tenere le fila della manifestazione. Bussando con la sua scopa in tutte le porte delle case, una volta entrato spazza via le brutture dell’inverno per fare simbolicamente spazio alla nuova stagione in arrivo.
Balli e canti accompagnano questa processione lungo le strade del borgo, che si conclude la sera nella frazione di Sauris di Sopra dove tutti i partecipanti vengono dotati di un lume ad olio e si da inizio alla Notte delle Lanterne, il momento finale del Carnevale.
Il corteo, guidato insieme dal Rolar e dal Kheirar, si addentra lentamente lungo i boschi di abete che uniscono le due frazioni principali del borgo, Sauris di Sopra e Sauris di Sotto, seguendo un suggestivo percorso notturno tra vecchi stavoli, divenuti per l’occasione punti di ristoro, e piccoli falò. Il percorso termina a Sauris di Sotto, dove la festa con balli e canti prosegue tra la piazza principale e le viuzze lastricate della frazione dove è possibile degustare i tradizionali piatti della gastronomia saurana.
Le Origini
Il carnevale di Sauris ha sicuramente origni antiche e difficilmente databili. I primi Saurani, giunti intorno al 1200 dalla vallata del Lesach (Austria), probabilmente portarono con sé, oltre alla lingua e alle tradizioni, anche le consuetudini carnevalesche; queste sono state tramandate nel tempo e sono giunte fino a noi con i loro riti, gestualità, travestimenti, pur con qualche modifica legata alle esigenza turistiche.
Le maschere si riunivano in giorni stabiliti (la giornata clou è l’ultimo sabato di carnevale), al richiamo di un personaggio (Rölar) che con i suoi sonagli (röln) attraversava il paese per tre volte. La sera, dopo il suono dell’Ave Maria, iniziavano i festeggiamenti: le maschere, a coppie, entravano in tutte le case del paese guidate dal Kheirar, che, spazzando il pavimento con ampi gesti, invitava ad entrare in cucina i suonatori e, a turno, le coppie. Questi rituali avevano un significato simbolico: il gesto di spazzare avocava l’eliminazione dalla casa del male, del brutto, del cattivo tempo. C’erano due tipologie di maschere, belle (scheana schembln) e brutte (schentana schembln), che si distinguevano per l’abbigliamento e il comportamento. Il viso veniva coperto con maschere in legno, velette o stoffa bianca sulla quale venivanoi disegnati gli occhi e la bocca. Sulla testa si teneva un cappello, spesso decorato con fiorellini di carta (maschere belle, oppure stracci o cappellacci da stalla (maschere brutte). Nel tempo si è aggiunta una terza tipologia di maschera: la “Richè” (termine probabilmente derivato da “lacchè”), con vestito bianco, cappellino impreziosito da fiori e nastri coloratissimi, bastone con sonagli e nastri. L’importante era non farsi riconoscere: per questo le maschere camuffavano la voce, oppure si esprimevano con suoni striduli e gutturali o a gesti. Ai festeggiamenti non venivano ammessi i bambini, che invece avevano una giornata a loro dedicata. Il bambino che venisse sorpreso ancora in piedi veniva punito dal Kheirar con un bastone intinto nella latrina (laite). Durante il percorso, a volte, alcune maschere improvvisavano scenette comiche, imitando mestieri o personaggi del paese.
Oggi le maschere non passano più di casa in casa, ma si trovano nella piazza di Sauris di Sopra e, dopo un breve giro per le viuzze del paese con rapida sosta nei locali pubblici, accompagnate dal Kheirar e dal Rölar, percorrono con le lanterne a petrolio il vecchio sentiero che portava a Sauris di Sotto, passando tra antiche abetaie e prati coperti di neve, per ritrovarsi poi sotto il tendone riscaldato per rifocillarsi con piatti della tradizione carnevalesca, e continuare la serata con danze folkloristiche al suono delle fisarminiche.