Il libro è una testimonianza delle contraddizioni insite nei regimi totalitari e corrotti, che hanno strumentalizzato la legittimità delle guerre d’indipendenza coloniali per sfruttare il popolo e diffondere le loro ideologie di odio e d’ingiustizia. La situazione politica legata alla Primavera araba è in continua trasformazione, mentre l’Occidente fa fatica a giocare un ruolo determinante e l’Oriente, invece, è sospeso tra il fondamentalismo islamico e uno sviluppo democratico sostanzialmente ad una situazione di stallo.
Biografia
Cittadina italiana dal 1981, si è laureata il Lettere e Filosofia all’Università degli studi di Roma La Sapienza; ha conseguito il Dottorato di ricerca presso la Facoltà degli Studi politici e per l’Alta Formazione Europea e Mediterranea “Jean Monnet” della Seconda Università degli Studi di Napoli.
Ha svolto attività di libera docenza presso master e seminari sui temi dei diritti delle donne, dell’infibulazione, dell’immigrazione e dell’integrazione presso l’Università Roma Tre.
È caporedattrice del giornale “Al Maghrebiya” e opinionista del quotidiano “Libero”, “Il sussidiario”, “Avvenire” e “L’Occidentale”.
Dal 1997 è presidente di ACMID- Donna onlus, associazione che si occupa principalmente della condizione delle donne arabe nel contesto dell’immigrazione in italia, denunciando casi di sopruso ai loro danni. Nel 2005 è stata chiamata a far parte della Consulta per l’islam italiano, istituita presso il Ministero dell’Interno.
Inserita tra “Le 100 personalità della diaspora africana” dal settimanale Jeune Afrique, e tra “Le 50 personalità di origine marocchina più influenti nel mondo” dalla rivista Actuel, ha ricevuto molti premi e riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui il Premio Isimbardi 2012.
Nel 2010, ha pubblicato con Cantagalli “L’inganno. Vittime del multiculturalismo”, per Curcio Editore nel 2011 “Il sogno infranto: la nuova primavera araba” e nel 2012 “Le ombre di Algeri”.
Recensione di Tarek Heggy
Da quando in Tunisia sono iniziate, durante la primavera del 2010, le rivoluzioni conosciute come Primavera araba, il mondo segue e si chiede: sono veramente delle rivoluzioni? È giusto definirle come primavera? A cosa stanno portando queste rivoluzioni? Come osservatrice, da ogni lato, sia storico, politico, economico, sociale, culturale, educativo e religioso, penso che potevano essere veramente delle rivoluzioni nobili in una brutta realtà piena di oppressione, corruzione, mancanza di libertà politica e di vero sviluppo: la verità è che la distruzione delle società arabe (tutte o la maggior parte), durante i decenni successivi alle loro indipenden¬ze politiche e alla fine del periodo coloniale, ha indebolito fortemente i partiti politici civili, a eccezione di un movimento (l’islam politico) che è rimasto, malgrado la sua clandestinità, a lavorare con grande organizzazione «nell’ombra», beneficiando di tutti gli errori dei regimi autocrati, soprattutto della corruzione e della mancanza di legami sociali e economici con i livelli «medi e bassi» della società, nonché con i poveri. Prima di queste rivoluzioni (a partire dal 2003), i Fratelli musulmani hanno aperto un dialogo con le grandi potenze. Ma la mancanza di comprensione, da parte di queste ultime, del senso storico e culturale del mondo arabo, ha aiutato gli islamisti a convincere l’unica poten¬za mondiale (USA) che il loro vantaggio (specialmente i Fratelli musulmani d’Egitto e della Tunisia) consisteva nell’essere «attivisti politici moderati». Questo errore è risultato evidente subito dopo, quando hanno cominciato a definire i Fratelli musulmani d’Egitto e della Tunisia come «moderati». Questo inganno l’ho già trattato molte volte nei miei scritti in Europa, proponendo prima di tutto di accordarci sulla vera definizione di «moderato», suggerendo una «scala di valori»: l’umanità sviluppata oggi concorda su dei «valori» che sono la base di tutte le società umane. Il pluralismo, l’accettazione dell’altro, la relatività dei pregiudizi, i diritti della donna uguali ai diritti costituzionali e legali dell’uomo, la libertà di pensiero e di critica, la libertà religiosa e di espressione, l’istruzione libera e tanto altro. Chi studia le opere dei Fratelli musulmani e i principi dell’islam politico, osservandone la marcia durante l’ultimo secolo e il loro gestire la politica da quando sono al potere (in Egitto), capisce con chiarezza che hanno riserve su tutti quei valori che sono la base di una umanità sviluppata. Basta sapere che i Fratelli musulmani d’Egitto non accettano che arrivi un egiziano non musulmano o una donna alla presidenza della repubblica. Molti sono gli esempi per capire che hanno riserve sul pluralismo: abbiamo visto quando i Fratelli musulmani hanno occupato la corte costituzionale in Egitto per impedire di emanare una sentenza a cui erano contrari. Altri islamisti hanno occupato la città dell’informazione per vietare ai giornalisti e conduttori televisivi, che criticano il pensiero e la politica della Fratellanza, di accedere ai loro posti di lavoro.Basti sapere che gli islamisti d’Egitto, tra cui i Fratelli, cercano di emanare una legge che punisce di morte chi si converte a un’altra religione. Si perde «la libertà religiosa» in una società governata da islamisti. Basta studiare il regresso dei diritti della donna per sapere che questa, in una società islamizzata, sarà lontana dalle conquiste della donna civilizzata che vive in una società umana sviluppata. Da non escludere anche il deterioramento dell’istruzione dal momento dell’arrivo dei Fratelli al potere (per esempio, l’annullamento del corso di musica nelle scuole perché, secondo loro, porterebbe l’alunno al decadimento morale). Chi potrebbe sognare oggi in Egitto un inse¬gnamento basato sulla creatività? La pittura, la scultura, il ballo sono tutti proibiti per i Fratelli musulmani, perché incoraggiano la mente a criticare, a porre delle domande e non solo a ricevere risposte… Non si può parlare di sacralità della vita sotto governi che rifiutano di denunciare le operazioni kamikaze contro civili e insistono a definirle «Operazioni di Martirio». Osservando la realtà delle società arabe (Egitto, Tunisia e, in modo parzialmente diverso, il Marocco e lo Yemen) e quello che «potrebbe» succedere nel futuro prossimo in Siria, è molto importante per l’umanità intera e per l’Europa capire che tutto si riflette sugli immigrati di religione musulmana, che arrivano portando i sintomi delle malattie diffuse nella società che si lasciano alle spalle. Da qui deriva l’importanza di questo grande libro scritto da Souad Sbai, persona che ha caratteristiche rare in un europeo: è di origine marocchina, ha studiato ad alti livelli in Italia, è una italiana di prestigio e successo, è stata membro del Parlamento italiano e membro della Commissione affari costituzionali, insomma un grande politico. Tutte queste caratteristiche l’aiutano a vedere le rivoluzioni definite come Primavera araba univocamente.