Rickshaw in stile orientale – È una delle icone dell’estremo Oriente e in effetti, il risciò – inventato da un fabbro americano – prima di giungere in qualsiasi altro posto del mondo, si diffonde in India e nel Sud-Est asiatico.
Il risciò o risció è un mezzo di trasporto che, nella sua forma originale, utilizza la forza umana per la trazione del mezzo. Il risciò è composto da un carrello a due ruote sul quale possono prendere posto una o due persone. Il conducente si inserisce tra due lunghe sbarre trainando il mezzo. Il risciò è un mezzo di trasporto molto diffuso inAsia e in Africa, dove è noto anche come pousse-pousse.
Etimologia
La parola risciò è un prestito dall’inglese rickshaw, a sua volta adattamento dal giapponese jinrikisha, composto da jin (uomo),riki (forza) e sha (veicolo), che letteralmente significa “veicolo a trazione umana”.
Storia
Vengono dall’Oriente e sono utilizzati in tutto il mondo, soprattutto in Asia ed Africa: sono i risciò, mezzi di locomozione che consistono, sostanzialmente, in una carrozzella trainata in vario modo. A trasportare il passeggero o i passeggeri, infatti, possono essere braccia umane, animali da soma, biciclette, motociclette, e persino robot, come il protagonista della foto di questa settimana.
L’invenzione si deve, pare, a tre artigiani giapponesi, Izumi Yosuke, Takayama Kosuke e Suzuki Tokujiro, che misero due ruote da bicicletta (all’epoca una novità arrivata dall’Europa) a un sedile e vi agganciarono due bastoni perché fosse possibile trainarlo da una persona. Nel 1870, il governo giapponese registrò l’equivalente del brevetto, imponendo a chiunque di richiedere loro un’autorizzazione per costruirne una copia.
Leggenda vuole che il primo risciò venne realizzato nel 1869 da un fabbro americano, Albert Tolman, per un missionario, il reverendo Jonathan Scobie, un ministro battista americano, che ne è considerato l’inventore e che lo utilizzò per trasportare la moglie invalida per le strade di Yokohama. Esistono tuttavia numerose altre teorie sull’origine del risciò. Chiunque ne sia stato l’inventore, il risciò si diffuse in un battibaleno in tutta l’Asia: dopo soli due anni, in Giappone ne circolavano già quarantamila e avevano rimpiazzato le lettighe come principale mezzo di trasporto, la corsa dei risciò viene ora riproposta ogni sei mesi, con un’edizione estiva e una invernale.
Intorno al 1880 i risciò sbarco’ a Sigapore e poi apparvero in India, prima a Simla e poi a Kolkata (Calcutta). Solo nel 1886 in Cina furono utilizzati dai mercanti cinesi per trasportare le merci e dal 1914 venne autorizzato il trasporto delle persone. La diffusione di questo mezzo fu molto ampia in tutto il sud-est asiatico. Vedere i conducenti di risciò arrancare per portare i loro passeggeri divenne un’esperienza comune in tutta l’Asia, tanto da diventare uno degli elementi che ne caratterizzavano il paesaggio urbano e da rappresentare un simbolo dello sfruttamento delle classi sociali più povere.
Quello del conducente di risciò era un mestiere durissimo e sottopagato, ma la condizione di chi lo esercitava rimase tale per decenni. Non molto tempo fa, in molti Paesi in via di sviluppo la vita degli “uomini cavallo” era ancora fatta di fatiche bestiali, come ha efficacemente e poeticamente raccontato Dominique Lapierre nel suo capolavoro “La città della gioia”.
La vera rivoluzione arrivò con l’introduzione dei risciò a pedali e, successivamente, di quelli a motore. Oggi, possiamo ancora incontrare qualche risciò tradizionale lungo le strade di Tokyo o di Hong Kong, ma si tratta di pochi esemplari destinati ad essere usati per brevi tragitti dai turisti. Solo in Africa sono piuttosto diffusi anche oggi: nelle strade del Madagascar, dove furono portati dalla Cina, è frequente incrociare quelli che lì vengono chiamati “pousse-pousse”. Sono invece rimasti un mezzo popolare di trasporto i risciò a motore, che spesso sfruttano il telaio di un’Ape Piaggio riadattato per ospitare uno o più passeggeri e hanno nomi diversi nei vari Paesi – “tuk-tuk” è quello più comune.
I risciò a piedi, però, restano ancora oggi i più richiesti. In tante località turistiche, in Giappone e in India più che in Cina, sono tantissime le persone che si guadagnano da vivere correndo a piedi per le strade trafficate, in mezzo ad auto e animali, moto e biciclette. Per la gioia dei loro clienti. Che quando stranieri sono anche più generosi con le mance. Sfruttamento ingiusto e ingiustificabile? Sì, è facile pensarla in questo modo. Ma quando alcuni governi dell’Asia hanno provato a rottamare o quanto meno a “motorizzare” questi insoliti mezzi di trasporto, moltissimi si sono ribellati. Perché una vita senza risciò non sarebbe più serena, ma solo più povera.
Il risciò nel cinema
Li abbiamo visti in cartolina, in alcuni film famosi come La città della gioia: ormai fanno parte dell’immaginario di molte città orientali, dove si sono diffusi massicciamente per la loro agilità e abilità nel districarsi tra le affollate vie metropolitane, facendosi strada con vivaci scampanellii.
Il film La città della gioia di Roland Joffé [1992], tratto dal libro omonimo di Dominique Lapierre, ambientato a Kolkata (Calcutta) narra la storia di un conducente di risciò, impersonato da Om Puri, rivelando la durezza delle condizioni economiche e emotive con le quali questi lavoratori sottopagati si confrontano ogni giorno. Le disavventure di un guidatore di un risciò sono anche alla base del film franco-vietnamita Cyclo di Tran Anh Hung (1995).
Un risciò a Calcutta
Questa forma di risciò è ora illegale in molti paesi. La più grande flotta di risciò a trazione umana è a Calcutta dove l’Associazione dei conducenti si è opposta all’introduzione di questa proibizione. A seguito di queste nuove norme si sono quindi diffusi i ciclorisciò o gli autorisciò. Nel primo caso il conducente muove il risciò per mezzo di una bicicletta a cui è attaccato il carrello, mentre nel secondo il risciò è mosso da un motore motociclistico.
Il risciò in Vietnam
Anche in Vietnam il risciò è stato a lungo una forma popolare di trasporto pubblico in quanto sicuro e poco costoso. Da tempo però, il mezzo è stato riservato solo ai turisti e dal 2009 sono solo 4 le compagnie ad Hanoi, che detengono la licenza per la circolazione dei ciclo-taxi. Indubbio è il fascino che acquista la capitale del Paese ‘del drago e della farfalla’ a bordo di questo mezzo: Hanoi e il suo stile coloniale, il vecchio quartiere della città carico di umanità, cose, traffico, rumori … affascinante e indimenticabile!
Il riscio’ a pedali turistici
In realtà, nel corso degli anni, le cose sono cambiate: molti dei vecchi risciò a trazione umana hanno lasciato il posto a ciclo-risciò, risciò elettrici, auto-risciò. Ai giorni nostri i risciò sono soprattutto utilizzati a livello turistico: sono a quattro ruote e hanno due sedili con pedali per quattro persone, due davanti e due dietro, con volanti per direzionarli e anche copertura superiore Il versatile mezzo di trasporto, ricco di storia e tradizione, è stato valorizzato su iniziativa dell’associazione The Adventurist per mezzo della Rickshaw Run, avventura pan-indiana lunga 3.500 km in cui i protagonisti sono le 3 ruote degli auto-risciò (ma soprattutto i conducenti!). Organizzata per la prima volta nel 2006 a scopi caritatevoli, la corsa dei risciò viene ora riproposta ogni sei mesi, con un’edizione estiva e una invernale.