La decisione di Monrovia è stata comunicato dalla presidente Ellen Sirleaf Johnson in un discorso alla nazione e la direttiva rimarrà valida “fino a nuovi ordini dal ministero dell’Istruzione”. “Anche i mercati nelle zone di frontiera” con la Sierra Leone, la Guinea e la Costa d’Avorio resteranno chiusi, ha annunciato la Johnson, mentre “tutto il personale non essenziale dei ministeri e degli uffici pubblici dovrà prendere un congedo obbligatorio di 30 giorni” e venerdì tutti gli uffici saranno chiusi per una disinfezione dei locali. “Ebola è reale, Ebola è contagiosa, Ebola uccide”, ha scandito la presidente invitando tutti a rispettare le misure di prevenzione.
Il medico ucciso dal virus – Se il virus sta uccidendo centinaia di persone, la morte di Sheik Umar Khan è quella che ha fatto più effetto in Africa e nel mondo. Da mesi il medico 39enne lavorava senza risparmiarsi nell’ospedale di Kenema per salvare quante più vittime possibile del terribile virus che conosceva benissimo (era virologo), sapendo che sono pochissime le speranze che rimangono a chi ne viene infettato. Appena una settimana fa il virus lo aveva aggredito, portandolo alla morte, nonostante il disperato tentativo di salvarlo compiuto dai suoi colleghi di Medici senza frontiere che lo avevano preso in cura nel centro di Kailahun.
Volontari Usa richiamati dall’Africa occidentale – Intanto, 340 volontari dei Peace Corps americani saranno ritirati temporaneamente da Liberia, Sierra Leone e Guinea. La morte di Khan è la prima che colpisce in Africa un personaggio pubblico, aumentando a dismisura i timori per un’epidemia che, dopo i primi casi registrati all’inizio dell’anno, si è espansa velocemente: davanti al virus non ci sono difese se non la prevenzione, poiché non esiste un vaccino. Come bene sanno altri medici, pure essi contagiati da Ebola e che stanno lottando contro la morte per aver cercato di aiutare i pazienti che ormai affollano i centri di assistenza.
Paura anche in Europa – La situazione sta facendo innalzare la paura anche in Europa, come in Gran Bretagna, dove il virus viene ormai considerato come una minaccia serissima, tanto da far scattare serrati controlli alle frontiere per chi arriva dai teatri dell’epidemia. C’è stato già chi, per avere mostrato sintomi paragonabili a quelli di Ebola, è stato prelevato in aeroporto e sottoposto a controlli, che però finora hanno dato esito negativo. Mentre fonti Ue fanno sapere che l’Unione europea è attrezzata per rispondere all’eventualità che il contagio si estenda, anche se i rischi sono giudicati bassissimi. In Italia, invece, il ministero della Salute sottolinea che “non c’è nessun rischio per Ebola” e che “il nostro Paese è attrezzato per valutare e individuare ogni eventuale rischio di importazione della malattia”. Del resto, ricorda il ministero, l’Oms e il Centro Europeo Controllo Malattie non raccomandano a tutt’oggi misure di restrizione di viaggi e movimenti internazionali.
Secondo le ultime stime – per difetto, vista la difficoltà a censire le vittime di un virus aggressivo – Ebola ha ucciso oltre 672 persone. Il virus, dalla Guinea, dove sono stati segnalati i primi casi, si è propagato nei Paesi vicini, dove le iniziative di contrasto sono state adottate con ritardo. Il precipitare della situazione, soprattutto negli ultimi giorni, sta facendo accrescere ancora di più la paura, che ormai attraversa tutta la fascia occidentale del continente. Le autorità sanitarie locali. a cominciare da quelle nigeriane, anche sotto la fortissima pressione dell’Organizzazione mondiale della sanità, stanno elevando intensità e qualità dei controlli alle frontiere e nei rispettivi territori.
Ma, come ammettono i Medici senza frontiere, l’espandersi del virus è ormai totalmente fuori controllo, con tutte le conseguenze che questa “verità” comporta. La decisione della compagnia aerea africana Asky di interrompere, da subito, i voli verso Liberia e Sierra Leone, se dimostra la drammaticità del momento, acuisce la paura che scuote molti dei Paesi sub-sahariani. Intanto, negli ospedali che ciascun Paese interessato dal virus ha eletto a polo di contrasto di Ebola, sono molte decine le persone ricoverate e poste in quarantena in attesa che trascorrano le tre settimane di isolamento. Ma la rabbia delle gente cresce: un’equipe della Croce rossa in Guinea è stata aggredita da decine di persone armate di coltellacci perché ritenuta il simbolo di un fallimento, quello della guerra a una malattia che fa sempre più paura.
Che cos’è l’Ebola?
L’ebola è un virus estremamente aggressivo per l’uomo che causa una febbre emorragica. Il primo ceppo di tale virus fu scoperto nel 1976, nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). Finora sono stati isolati quattro ceppi del virus, di cui tre mortali per l’uomo: Zaïre ebolavirus (ZEBOV), la più letale e quella che sta colpendo maggiormente la zona delimitata da Sierra Leone, Nigeria e Liberia; Sudan ebolavirus (SEBOV); e Reston ebolavirus. Il primo ceppo ha il tasso più elevato di mortalità: oltre il 90%, con una media approssimativa dell’83% in 27 anni. Gli indici di mortalità erano dell’88% nel 1976, 100% nel 1977, 59% nel 1994, 81% nel 1995, 73% nel 1996, 80% nel 2001-2002 e 90% nel 2003. Ma i dati più recenti sono allo stesso modo temibili e fuori controllo. L’Oms ha affermato in un comunicato (dopo il caso registrato in Nigeria) che il virus in Africa ha fatto in totale 1323 casi con 726 morti dall’inizio dell’epidemia lo scorso dicembre, di cui 57 solo negli ultimi 4 giorni. Secondo i dati aggiornati tra il 23 e il 27 luglio si è avuto un aumento dell’8,5% dei decessi e del 10% dei casi
Trasmissione
L’infezione si trasmette per contagio interumano attraverso il contatto con sangue e altri fluidi biologici infetti e, in teoria, anche con il trapianto di organi. La trasmissione per via sessuale può verificarsi fino a 7 settimane dopo la guarigione: infatti la permanenza del virus nello sperma è particolarmente prolungata. È inoltre stata provata in laboratorio, in primati del genere Rhesus, la trasmissione aerea del virus Ebola.
La trasmissione nell’uomo comporta una fase di adattamento alla specie umana e origina da un contatto iniziale con un serbatoio animale (di solito un primate, come il macaco, ma anche con antilopi o porcospini). Anche se si è ipotizzato che la scimmia stessa rappresenti il serbatoio naturale della malattia, è più probabile l’esistenza di un diverso serbatoio animale residente nelle foreste pluviali dell’Africa (secondo alcune teorie anche dell’Estremo Oriente) che trasmette alla scimmia l’infezione. L’osservazione che il virus Ebola non è mortale per i pipistrelli fa ritenere che questi mammiferi abbiano un ruolo chiave nel mantenimento dell’infezione.
Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l’elevata probabilità di contatti. Tuttavia avviene anche per contatto con oggetti contaminati. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia.
Durante i focolai epidemici si sono verificati numerosi casi in seguito a trasmissione correlata all’assistenza sanitaria, in regime di ricovero o ambulatoriale. L’utilizzo di adeguate misure di protezione individuale (maschera, camice e guanti) per prestare cure ai pazienti e per maneggiare il materiale biologico è essenziale per evitare il contagio. La contaminazione da aghi infetti ha un particolare rilievo per il rischio professionale degli operatori sanitari.