Il libro illustra il Libano contemporaneo, e le sue ansie di rinnovamento. E questo reportage non è solo un viaggio fisico, è una testimonianza della storia, le tradizioni, la struttura confessionale della società libanese, gli effetti della crisi siriana.
Attualmente al centro di complesse dinamiche regionali ed internazionali il Libano è simile a un mosaico, formato da molte tessere, ognuna con una precisa collocazione, un mosaico affascinante ma fragile.
Antonella Colonna Vilasi si è fatta conoscere in questi ultimi anni per l’attenzione che pone ad alcuni problemi di carattere internazionale presentando testi caratterizzati da una sintetica indicazione su uno specifico argomento, con richiamo ad alcuni aspetti di maggiore evidenza informativa. Così adesso questo sguardo “Reportage dal Librano tra guerre, servizi segreti e primavera araba”, contiene rapidi scorci riguardanti un paese del Medio Oriente tormentato dalla divisione interna, prevalentemente di carattere religioso (Chichili, Agency, 2012).
Così troviamo subito il riferimento all’assassinio dell’ex primo ministro Rafiq Hariri nel 2005, delitto che ha provocato una sollevazione di massa e quindi il ritiro delle truppe siriane. La cosiddetta “Svizzera del Medio Oriente” si è trovata ancora una volta alle prese con i suoi drammi interni e le difficoltà di rapportarsi alle pressioni esterne che gravano sullo sfortunato Stato dei “cedri”. Visitare quelle terre – scrive l’autrice – è come ripercorrere momenti storici collegati a tradizioni di popolazioni che hanno contribuito a formare un paese, dal tempo dei fenici, determinante per la vita del Mediterraneo. Ma su eventi più recenti sono i riferimenti principali, da quando nel 1984 è nata la seconda repubblica libanese, che determinò l’esilio di Amin Gemayez mentre nel 2005 il citato assassinio di Hariri riaccese i fuochi interni, con la serie di scontri provocati dalla contrapposizione tra i gruppi interni di differente collocazione etnica, religiosa, politica e militare.
Seguirono l’intervento di Israele con bombardamenti che fecero regredire la situazione e infine la risoluzione ONU che impose la cessazione delle ostilità, il ritiro delle truppe israeliane e il disarmo delle milizie libanesi, a cominciare da Hezbollah. Ecco qui siamo ad un punto chiave, che Colonna Vilasi approfondisce spiegando, oltre all’ordinamento dello Stato, i caratteri propri di questa formazione politica di matrice sciita. Una radice risalente al pensiero di Khomeini e che Israele tentò di sradicare con l’ “operazione Furore” (1996-2000).
Segue una serie di interviste ad esponenti libanesi: da docenti e universitari a produttori di cinema e ad esponenti dell’intelligence libanese. Vengono così alla ribalta vari personaggi, specie giornalisti e intellettuali di diversa estrazione, e soprattutto il peso esercitato dalla “grande Siria”. Ne esce un quadro molto frastagliato e non è facile districarsi tra tanti contrastanti interessi e posizioni. L’intervista al generale Paolo Serra, capo missione dell’UNIFIG, consente di approfondire il ruolo affidato alla missione inviata dall’ONU. Il monitoraggio che ha condotto alla cessazione delle ostilità naturalmente lascia aperti problemi che chiamano in causa differenti responsabilità internazionali. Infine l’intervento del presidente del consiglio libanese offre ulteriori elementi di giudizio per comprendere come ancora gravami pesanti siano evidenti fattori di rischio per quell’intera regione mediorientale.