Secondo l’indagine il 44% delle aree archelogiche del Sud Italia non è aperto al pubblico, mentre un altro 19% lo è, senza che si paghi alcun biglietto.
In una simile situazione sono molti i siti che giacciono in uno stato di semi abbandono: la Campania, ad esempio, dispone di 13 ville e otto aree sacre superiori ai due ettari, che la Soprintendente per i beni archeologici, Adele Campanelli,non ha esitato a definire come “un girone dell’inferno”. Nei migliori dei casi in questa zona il bilancio finale va in paro, come a Pompei dove l’incasso dei biglietti arriva a malapena a coprire le alte spese per il mantenimento dell’area.
Le regioni prese in esame dal censimento sono Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata. Per quanto riguarda la Campania, fra Salerno, Avellino, Benevento e Caserta si contano nove anfiteatri e teatri, 13 ville all’aperto, 8 aree sacre superiori ai 2 ettari, un patrimonio in gran parte non gestito, che non produce nulla e si deteriora.
Numeri molto diversi invece a Pompei: 2 milioni e 300mila visitatori all’anno. La macchina Pompei richiede uno stanziamento di 18 milioni annui e l’incasso dei biglietti è più o meno equivalente, sufficiente per la gestione ordinaria.
Buone notizie invece dall’area archeologica di Velia: grazie al trenini dell’iniziativa ‘In viaggio con Erodoto’, che partirà dalla prossima estate, ed ai fondi del Ministero per i Beni Culturali si potranno incrementare le visite, che nel 2011 sono state solo 30mila, a fronte delle 286mila dei templi di Paestum.
Per simili luoghi non resta dunque che confidare nelle iniziative del Ministero, sperando che riescano a portare più turisti nei luoghi storici, incrementando così i guadagni e riattivando un circolo virtuoso.