Oltre 30 imbarcazioni erano allineate nei vari moli durante gli anni d’oro della città, tra il 1830 e il 1860. Le navi erano alimentate da enormi ruote con pale, di 25 tonnellate di peso, che aiutavano nella risalita del fiume. Il Natchez comprende una sala da pranzo dove si può ascoltare jazz dal vivo e ponti, come l’Hurricane Deck, dove ugualmente ci si può dilettare nell’ascolto di musica jazz.
Dopo quattro anni di assenza New Orleans si riappropria del titolo di principale porto per le crociere fluviali lungo il Mississippi. Era dal 2008, dalla scomparsa della Majestic America Line, con le sue tre imbarcazioni, che le crociere fluviali, le lunghe, quiete e romantiche crociere sul pigro Mississippi, non si fermavano più sui moli della Big Easy, com’è soprannominata New Orleans.
Il 2012 è stato l’anno del ritorno dei battelli a vapore, gli Steamboat che abbiamo imparato a conoscere nei tanti film e telefilm americani. Ad Aprile è stata l’American Queen a riaprire la stagione delle crociere fluviali di New Orleans, mentre la Queen of Mississippi è salpata ad agosto.
Entrambe le navi attualmente stanno navigando a monte di New Orleans, ma torneranno alla base intorno a novembre. A queste due battelli, poi se ne stanno affiancando tanti altri, posseduti da compagnie più piccole, che propongono mini-crociere ed è previsto anche l’arrivo di altri due grandi battelli a vapore.
La American Steamboat Company di Menphis ha annunciato il ritorno dopo 3 anni delle crociere con i battelli a vapore sul il fiume Mississippi. Priscilla Presley ex moglie del cantante Elvlis Presley è stata scelta come madrina della nave American Queen per il varo programmato il 27 aprile a Memphis, all’ora del tramonto.
La compagnia ha anche previsto una crociera nel mese di dicembre in collaborazione con la Elvis Presley Enterprises, dedicata ai fan del cantante. L’obiettivo è cercare di far riprendere le crociere notturne sul fiume Mississippi e i suoi affluenti, un business crollato negli ultimi 10 anni.
Costruita nel 1995 e costata 60 milioni di dollari, l’American Queen che può trasportare 438 passeggeri e ora completamente rinnovata inizia il suo viaggio inaugurale sul Mississippi, con tappe in Kentucky e Indiana e arrivo a Cincinnati.
Un po’ di storia: la conquista di una nazione
Sin dai primi anni del secolo diciassettesimo migliaia di europei, sull’esempio dei Padri Pellegrini, cominciarono a sbarcare sul suolo americano. I nuovi arrivati dovettero fare i conti con la nuova realtà e i primi tempi furono molto duri. Parecchi morirono per gli stenti e le privazioni, ma molti riuscirono a sopravvivere nutrendosi di cacciagione e granoturco ottenuto dagli indiani.
Col tempo questi pionieri tentarono di creare un modello di vita simile a quello che avevano lasciato in Europa. Essi organizzarono una struttura sociale che si concretizzò con la realizzazione delle colonie. Ottenuta l’indipendenza dall’Inghilterra, il nuovo stato americano nel 1803 acquisì da Napoleone Bonaparte per sessanta milioni di franchi la Louisiana, un vasto territorio a ovest del Mississippi.
Nel 1819 venne comprata la Florida dalla Spagna e con la guerra del 1848 contro il Messico, gli Stati Uniti divennero padroni di una immensa regione comprendente i territori del New Mexico, dello Utah e della California.
Già nel 1846 il Texas era stato accettato nell’Unione, mentre all’estremo nord l’Inghilterra aveva rinunciato al territorio dell’Oregon. Dalla costa atlantica al pacifico, quelle terre inesplorate erano abitate per lo più da trapper, da mountain men e naturalmente dalle numerose tribù dei nativi.
C’era una nazione da colonizzare e la migrazione dei pionieri, dapprima timida, divenne col tempo una inondazione. Uomini come Jedediah Smith, Jim Bridger o John C. Fremono aprirono le strade e i coloni le percorsero fermandosi nei territori che oggi si chiamano Wyoming, Colorado, California, Kansas, Arizona e cosi via.
La promulgazione nel 1862 del “Homestead Act” da parte di Lincoln garantiva a ciascun capofamiglia un pezzo di terra nei territori dell’ovest al prezzo nominale di un dollaro e venticinque centesimi l’acro, per cui intere carovane di pionieri si spinsero nel west in territori ancora inesplorati. Quei pionieri, tra mille difficoltà, fondarono città che oggi sono unite da moderne autostrade, ma solo centocinquanta anni fa le stesse città, costituite soltanto da poche case di legno, erano praticamente isolate o nella miglior delle ipotesi collegate da piste difficilmente percorribili. Comunicare era quindi difficile. Una lettera da Boston per San Francisco doveva passare per nave lo stretto di Panama e questo valeva anche per le persone.
I tempi di percorrenza erano enormi e questo incideva pesantemente sull’economia del paese.
Una economia certamente limitata visto che i primi mezzi di trasporto erano costituiti dai barconi e dai battelli a vapore che percorrevano il Mississippi.Il grande fiume bagnava però le terre americane da nord a sud, ragion per cui le modalità del trasporto su fiume delle merci, della posta e delle persone poco servivano alla spinta migratoria verso ovest. Per di più bisognava considerare le frequenti piene dei fiumi. Il Missouri e il Mississippi poi, trasportavano centinaia di tronchi d’albero che il pilota doveva evitare e che impedivano la navigazione notturna. Gli stop frequenti dei battelli influivano notevolmente sui costi del trasporto delle merci e della posta. Frequenti erano anche le esplosioni di caldaie, gli incendi e le collisioni con la conseguenza che il carico delle merci finiva in fondo al fiume. Nel 1848 gli Stati Uniti avevano ormai raggiunto le loro frontiere attuali e negli anni che seguirono l’insediamento dell’uomo bianco si consolidò su tutto il continente.
Gli abitanti della California lanciavano appelli pressanti affinché si apprestassero mezzi di comunicazione più efficienti. Il trasporto delle merci su carri organizzato nel 1855 da William H. Russell, Alexander Majors e Waddell, che da St. Joseph nel Missouri raggiungeva San Francisco in California, era un ottimo sistema di lavoro, ma ancora troppo lento per coprire le distanze di quei territori troppo vasti.