Per un paese come la Tunisia, che grazie soprattutto al turismo cerca di riprendersi da decenni di repressione e ruberie, la notizia riportata ieri da alcune agenzie di stampa, secondo cui manipoli di integralisti islamici pattuglierebbero le spiagge picchiando le donne in bikini, potrebbe essere un’autentica sciagura.
Giovani donne, infatti, si vedono sempre più costrette ad indossare una mise assolutamente inadeguata per andare la mare sulle spiagge tunisine libere, in quanto gruppetti di salafiti barbuti pattugliano il litorale a “caccia” di coloro che, come libertà imporrebbe, prendono il sole tranquillamente in due pezzi, così come è sempre stato concesso negli ultimi anni. Ma la nuova tendenza politica del momento spinge i salafiti a boicottare in malo modo le donne che si abbigliano con un bikini, non solo fermandosi alle parole forti e alle offese, ma in molti casi passando alle mani.
Tollerate per i salafiti sono solo coloro che indossano un velo integrale, col quale le donne sono costrette anche a fare il bagno: solo così, secondo il gruppo estremista, le ragazze sarebbero al sicuro da potenziali aggressioni di natura sessuale ai propri danni. Una scusa che fa acqua da tutte le parti e che, invece, ben si pone come il riflesso delle costumanze praticate in Arabia Saudita, condizione ai quali i salafiti si ispirano in modo molto evidente.
L’informazione deve certo raccontare quale minaccia rappresenti il movimento dei salafiti (da “Salaf”, antenato), che vorrebbero imporre in Tunisia la versione dell’Islam praticata in Arabia Saudita. Esclusi dalle prime edizioni libere, vinte dal partito islamico moderato Ennahdha, i salafiti hanno ottenuto il permesso di costituirsi in partito, scegliendo un nome rassicurante, Fronte Riformista. Ma sono cominciati a spuntare a quel punto da chissà dove giovani barbuti che nessuno aveva visto prima; e usando il velo come scusa hanno preso a bersagliare studenti e professori universitari, intellettuali e artisti, trattandoli come nemici della nazione.
Si muovono come un equivalente locale dei neo-nazisti greci di Alba Dorata, ma sono per di più foraggiati dall’estero. C’è quindi da preoccuparsi, e proprio per questo va raccontato agli italiani come tanti tunisini, spesso proprio coloro che erano in prima linea contro il vecchio regime, continuano a vigilare in difesa degli spazi di convivenza laica, che sono forse l’unico lascito del passato considerato ancora un valore.
Troppi giochi si stanno facendo (spesso in combutta proprio con l’Arabia Saudita) sulle mutazioni genetiche della ormai sfiorita Primavera araba, perché ci si possa permettere di liquidare così presto la Tunisia, l’unica rivoluzione che non abbia ancora deluso chi aveva salutato quella stagione di speranza.