giulioregeniL’intensificarsi della stretta del Governo egiziano contro le opposizioni, di cui ha fatto le spese anche il ricercatore italiano Giulio Regeni, e la crisi economica stanno generando forti tensioni all’interno del Paese che male si conciliano con l’idea di una vacanza rilassante nei resort del Mar Rosso o di una crociera lungo il Nilo dove scorrono secoli di storia.

Il ministero degli affari esteri italiano, nel sito Viaggiare sicuri, informa che ”in considerazione del deterioramento della generale situazione di sicurezza registrato nel Paese, si rinnova la raccomandazione di evitare i viaggi non indispensabili in Egitto in località diverse dai resorts situati a Sharm el-Sheik, sulla costa continentale del Mar Rosso, nelle aree turistiche dell’Alto Egitto e di quelle del Mar Mediterraneo, ove mantenere comunque elevata la soglia di attenzione in quanto, seppur sottoposti a controllo da parte della autorità di sicurezza, non possono essere considerati completamente immuni da possibili minacce”.

A queste considerazioni si aggiunge un appello sottoscritto da oltre 90 europarlamentari, di tutti i Paesi e di tutti i partiti, e indirizzato al commissario Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione europea, nel quale si denunciano le violazioni dei diritti umani compiuti in Egitto e si invitano i giovani turisti a rinunciare ai viaggi nel paese fino a quando il regime di Al Sisi non cooperi alla ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni.

Di seguito il testo dell’appello a cui si può aderire inviando una mail a abuondiritto@abuondiritto.it

Qualche settimana fa, nel corso di una conferenza stampa promossa dalla Commissione diritti umani del Senato, Paola Regeni, con quel linguaggio dolce e potente che ha saputo elaborare dal proprio dolore, ha definito suo figlio “un giovane contemporaneo”. Ovvero, una persona intelligente, curiosa, un ricercatore attento che allo studio e alla conoscenza aveva dedicato la sua vita, viaggiando, imparando le lingue, frequentando collegi e università in Paesi diversi.

Giulio incarnava il sogno dei padri fondatori dell’Europa, il miglior risultato di quelle politiche di scambio culturale e integrazione su cui abbiamo puntato alcuni decenni fa e che tanto profondamente hanno cambiato le nuove generazioni del continente. Proprio per difendere questo pezzo fondamentale della nostra identità europea, l’uccisione di Regeni non può che portarci a considerare e dichiarare l’Egitto Paese non sicuro. Non lo è stato per Giulio e non lo è per migliaia di anonimi egiziani della cui sorte mai sapremo. E potrebbe non esserlo per i tanti turisti, lavoratori, studenti e ricercatori europei che vi si recheranno in futuro.

Non può essere considerato sicuro uno Stato con il quale si intrattengono relazioni regolari, ma dove un cittadino italiano di fatto non viene tutelato nella propria incolumità: e dove, nel caso che essa venga compromessa, non sono garantite adeguate indagini per individuare i responsabili e ottenere giustizia. Non può essere considerato sicuro un Paese in cui centinaia di esseri umani vengono sequestrati, sottoposti a tortura e uccisi: solo negli ultimi otto mesi vi sono state 735 sparizioni e di circa 500 di queste persone non si hanno più notizie; mentre dal gennaio 2016 sono già 3 i morti accertati, con evidenti segni di tortura sul corpo. Di conseguenza, nelle relazioni dell’Europa con l’Egitto la questione dei diritti umani non può essere un accessorio insignificante. Deve essere, piuttosto, una priorità fra le priorità. E non si può immaginare un sistema di rapporti, di qualsiasi tipo, fra uno Stato europeo e un altro Stato che al suo interno non garantisca la tutela dei diritti fondamentali.

L’oltraggio di cui è stata oggetto l’Italia da parte delle autorità egiziane nelle ultime settimane non colpisce solo questo Paese ma l’Europa tutta e l’insieme dei valori irrinunciabili in cui crediamo. Per queste ragioni, vogliamo mobilitarci affinché l’Egitto venga dichiarato paese in questo momento non sicuro, invitando i cittadini europei, in particolare “i giovani contemporanei” del nostro continente, a non recarvisi. Questo fino a quando il regime lì dominante non abbia mostrato la concreta volontà di cooperare per la ricerca della verità su Giulio Regeni e garantito il pieno rispetto dei diritti umani.